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giovedì 24 luglio 2008

S. Cristina (vita della Santa-Parte II)

Riprendiamo il racconto della vita di S. Cristina iniziato ieri.

Cristina, forte dell’eucaristia, sostiene la disputa con suo padre

Rimasta sola nella sua stanza, Cristina si mise a pregare Iddio con tutto il suo cuore, affinché le desse la forza di manifestare la sua fede dinnanzi a tutti, incominciando da suo padre. Quando fu notte fonda, Protasio giunse alla torre e bussò leggermente alla porta. Massimina, che era in attesa del suo arrivo, gli aprì subito ed insieme salirono cautamente le scale per recarsi da Cristina. Non ebbero neppure bisogno di bussare, poiché Cristina, che era dietro la porta ad origliare, gli andò subito incontro piena di gioia. Protasio mostrò a Cristina il vaso con il santissimo sacramento e la invitò ad adorarlo. Cristina s’inginocchiò a mani giunte e Protasio, dopo averla istruita sul significato di ciò che stava per ricevere, la comunicò a Cristo; quindi, dopo averle impartito la santa benedizione, la salutò ed andò via con Massimina. Rimasta sola, Cristina, pianse di commozione.

Il pomeriggio seguente, Urbano giunse alla torre e si recò dalla figlia che lo salutò con grande garbo. Il padre la carezzò; poi, notando nei suoi occhi un grande turbamento, le chiese se per caso fosse pentita della sua scelta e volesse sposarsi con qualche nobile giovane. Cristina rispose con fermezza di non volersi né sposare, né continuare ad essere vestale. Il padre, allora, incominciando a perdere la calma, le chiese: “Qual è la causa di tutto ciò? Forse non hai più a cuore i nostri cari numi? Hai forse trasgredito il mio ordine di adorarli giorno e notte?” Cristina confessò allora di aver rinunciato ad adorare gli dei romani, poiché essi non erano altro che statue di pietra: il vero Dio era un altro. A quelle parole, il padre divenne livido di rabbia e, urlando come un ossesso, rimproverò aspramente la fanciulla. Era quasi sul punto di percuoterla, ma poi prevalse in lui l’amore di padre, così, passato il momento di collera, pensò ai provvedimenti da prendere per far cambiare idea alla figlia e salvare il suo onore.

Cristina ribadisce con fierezza la sua fede

Contrariato per la triste scoperta, Urbano chiamò al suo cospetto entrambe le vestali alle quali aveva ordinato di vigilare sulla figlia. Si presentò solamente Clelia, Massimina, infatti, fiutato l’imminente pericolo, aveva lasciato la torre ed era fuggita a nascondersi. Il suo tradimento e la sua responsabilità nella vicenda parvero ormai lampanti! Urbano ordinò subito alle sue guardie di cercarla e di trarla in arresto.

Al fine poi di correggere la figlia, Urbano scelse dodici ancelle fidate da accostare a Clelia, fra cui Adelasia di cui nutriva grande stima. Radunatele assieme le spiegò l’accaduto e le ammonì affinché vigilassero attentamente su Cristina e facessero di tutto per risvegliare in lei l’amore per gli dei romani. Intanto Cristina se ne stava afflitta nella sua cella pensando al suo avvenire e temendo per la sorte di Massimina, condannata a morte sicura.

L’arrivo delle nuove ancelle alla torre fu per Cristina l’inizio di una vera tortura morale, esse, infatti, la sorvegliavano costantemente e la obbligavano a compiere sacrifici in onore degli dei. Adelasia, poi, la stuzzicava di continuo affermando che Gesù era una pura favola e un’invenzione dei poeti. Un giorno, Cristina non riuscendo più a sopportare le lodi verso i falsi dei e le offese verso Gesù Cristo, ribatté con forza le loro le loro affermazioni e dopo aver messo in risalto la grande verità del messaggio cristiano, passò a criticare la loro religione dicendo: “ I vostri numi li conosco bene, essendomi dedicata al loro studio sin dalla mia infanzia. Il vostro Giove altro non fu che un grande furfante e donnaiolo, tanto che per i suoi reati fu scacciato dal cielo da un Titano. Suo figlio Apollo non fu meno cattivo di lui; anch’egli fu cacciato dal cielo ed insieme a Nettuno si mise a fabbricar mattoni.”. Le ancelle, fortemente offese da quelle parole, decisero di vendicarsi di lei, così Adelasia si recò quel giorno stesso dal padre per accusarla.

Cristina incomincia a subire l’ira del padre

Saputo l’accaduto, Urbano si recò per la seconda volta alla torre a parlare con la figlia. Rivolgendosi inizialmente a lei con tono pacato le chiese come mai, tradendo la sua fiducia, avesse osato disprezzare i loro adorabili numi e avesse preso le difese di quel perfido galileo crocifisso che teneva in agitazione tutto l’impero. La fanciulla con fierezza rispose : “Il galileo crocifisso è il Dio fatto uomo, non esiste altro Dio al di fuori di lui!”. Poi aggiunse : “Anch’io son cristiana, il mio nome ora è Cristina che vuol dire appartenente a Cristo!”. A queste parole, Urbano perse il lume della ragione e diede un sonoro schiaffo sulle amabili gote della fanciulla. Deciso a ristabilire le regole, organizzò per il giorno seguente un sacrificio in onore di Giove a cui avrebbe dovuto partecipare anche la figlia, poi, dopo averla minacciata se ne tornò a casa. Rimasta sola Cristina fu presa da grande sgomento, ma poi, animata dalla fede, prese gli idoli d’oro che il giorno dopo avrebbe dovuto adorare e li ridusse in frantumi.

Il giorno seguente, il padre giunse puntualmente alla torre per compiere il sacrificio. Quando si accorse di quello che Cristina aveva fatto fu preso da un’irrefrenabile furia e, maledicendola, incominciò a sferrargli schiaffi, calci e pugni. Non ancora pago di ciò, chiamò i littori e diede loro ordine di fustigarla. Invano le guardie, impietosite, tentarono di convincere il padre a sospendere quella carneficina. Cristina restava muta, ma in cuor suo pregava Gesù. Intanto il tenero corpo continuava a non presentare ombra di livido; alla fine i dodici littori, presi dalla stanchezza dovettero arrendersi. Cristina, allora, rivolgendosi al padre gli disse: “Tu mi hai ripudiata, decidendo di non essermi più padre ma tiranno, ma ti basterebbero questi segni per capire l’impotenza dei tuoi dei e la grandezza del mio Dio”. Urbano, sempre più confuso, chiamò le guardie e ordinò che le venisse stretta al collo la collana dei condannati e fosse tenuta in carcere nel più totale digiuno.

Continua il martirio di Cristina

Passarono i giorni e Cristina continuava a stare in prigione senza né cibo né acqua. Il Signore però non l’abbandonò e le inviò un Angelo con del pane divino, dal quale trasse la forza per continuare a vivere. Prima d’andar via, però, l’Angelo le predisse che avrebbe dovuto patire sofferenze ancor più gravi.

Dopo pochi giorni, il padre, visto che Cristina perseverava nella sua fede in Cristo, pensò di sbarazzarsene e fece allestire il pretorio per giustiziarla. Quando però i soldati la trasportarono con forza davanti al suo cospetto, si risvegliò in lui l’affetto di padre e volle darle un’ultima possibilità. Le disse allora: “ Falla finita figlia mia! Deciditi a rinnegare Gesù… placa l’ira dei nostri dei offrendogli un sacrificio ed avrai salva la vita e il mio amore di padre!” Queste parole suonarono a Cristina come un insulto ed ella rispose prontamente di non temere né la sua ira, né quella dei suoi dei, ma di essere pronta al sacrificio. Bastò questo per riaccendere la collera del padre che ordinò ancora una volta di fustigarla. Stavolta le tenere carni si lacerarono e caddero in brandelli, ma ella, senza scoraggiarsi, continuava ad accusare il padre della sua viltà e a ringraziare Dio che la rendeva forte nella prova. Il padre, che non era il tipo da sopportare tali provocazioni, ordinò che venisse immediatamente giustiziata con l’esecuzione riservata ai cristiani. Cristina venne legata ad una ruota girevole irta di punte, sotto di lei venne preparato un rogo fatto di legna cosparsa d’olio e fu prontamente appiccato il fuoco. Cristina, allora implorò il signore che la salvasse dalla morte e dimostrasse a tutti la sua grandezza. La sua preghiera fu esaudita: le fiamme allontanandosi dal suo corpo innocente, si riversarono verso i carnefici e li divorarono; la ruota si spezzò e Cristina poté rizzarsi in piedi con il sorriso sulle labbra, anche se duramente provata nel corpo. Sconcertato dal prodigioso evento, il padre ordinò che venisse legata e sbattuta nuovamente in carcere.

A domani per la conclusione della staria

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