Che ora è...nel mondo?

domenica 27 luglio 2008

Quando manca la gatta i sorci ballano

Mi riferisco a Formucca che, approfittando dell’assenza di Frafbi, a quanto pare ancora in vacanza, ha risolto il test di pochi giorni fa. Così dopo circa un anno abbiamo finalmente un altro vincitore.
Naturalmente scherzo! Non dobbiamo dimenticare che Formucca, che ringrazio anche per i suoi ripetuti apprezzamenti al mio blog, è stata la nostra prima campionessa e penso che possa competere con chiunque.
La soluzione al quiz "regalo di compleanno" potete leggerla nel commento al corrispondente post. Preciso solo l’ultimo passaggio. La cassaforte (una volta tolto il regalo) non può essere rispedita aperta, perché verrebbe sicuramente rubata. Occorre perciò ripetere la procedura di prima. Caio (per usare la terminologia di Formucca) spedirà a Tizio la cassaforte con il lucchetto di sua proprietà. Tizio aggiungerà il suo e la rispedirà. Caio toglierà il lucchetto messo prima e la rispedirà definitivamente a Tizio. Tutto ciò non era però richiesto nel test, era sufficiente trovare il modo di far pervenire il regalo. Per questo la risposta è sicuramente corretta.
Complimenti alla vincitrice e a presto

venerdì 25 luglio 2008

S. Cristina (vita della Santa-parte III)

Pubblico la terza e ultima parte della storia della vita di S. Cristina.
Pare che il metodo a puntate abbia funzionato, perchè qualcuno si è appassionato alla storia e ha continuato a seguirla.

Cristina emerge dal lago. Morte di Urbano

Anche questa volta, l’angelo di Dio andò a farle visita, risanò il suo corpo da ogni piaga, le offrì del pane per rifocillarsi e le fece coraggio. Prima di andar via le confermò che le rimaneva ancora tanto da soffrire, ma le assicurò anche che il Signore aveva pronta per lei una corona.

Il padre, intanto, per nulla pago degli atroci castighi già inflitti alla propria figlia, pensò di farla finita una volta per tutte e, chiamato dinanzi a sé Gerione, le ordinò di trarre Cristina dalla prigione e di gettarla nel lago di Bolsena, con una grossa pietra appesa al collo. Quella stessa notte, Gerione eseguì l’ordine e si recò presso il carcere insieme al suo amico Landronio. Presa la fanciulla si avviarono verso il lago. Giunti alla riva la costrinsero a salire su una barca nella quale collocarono anche una grossa pietra. Giunti, remando, nel punto di massima profondità, afferrarono la fanciulla, che intanto continuava a pregare e, vincendo la sua strenua resistenza, le legarono la pietra al collo con una grossa fune e la scaraventarono nel lago. Credendo di aver fatto un buon lavoro e di essersi definitivamente sbarazzati della fanciulla, i due se ne tornarono a riva. Ma la vita di Cristina non finì così, l’attendevano ancora altri patimenti ma anche altre vittorie. Lo stesso Angelo che l’aveva consolata in prigione, le andò ancora una volta in soccorso e la trascinò a riva. Figuratevi la meraviglia dei carnefici quando la videro emergere dalle acque sana e salva.

Quando Urbano apprese la notizia provò un senso di grave impotenza; non poteva sopportare la sconfitta sua e dei suoi dei, né tanto meno una testimonianza così evidente della divinità del Cristo, che continuava ad operare miracoli in Cristina. La sua agitazione fu tale che il giorno dopo lo trovarono morto nel suo letto, soffocato dalla rabbia. Nonostante ciò che aveva subito, la fanciulla soffrì molto per l’orribile morte del padre; ma anche questa volta, il Signore le diede la forza di andare avanti.

Ancora martìri e miracoli. In molti si convertono

Dopo la morte di Urbano, a capo del prefetto venne eletto Dione, il quale non credendo a nulla di ciò che si raccontava su Cristina, ebbe come primo obbiettivo quello di farla morire fra mille patimenti. Fu per questo che fece preparare una caldaia a forma di culla, piena di pece e olio bollenti per immergervi la fanciulla e, allo scopo di rendere più atroce la sofferenza, ordinò a quattro carnefici di agitarla di continuo. La fanciulla però, anziché soffrire, continuava lodare Dio ad alta voce e a ringraziarlo per averle dato la possibilità di tornare ad essere cullata come una neonata. Dopo pochi istanti la culla si spezzò e Cristina apparve del tutto illesa, come se niente fosse accaduto. Dione, furibondo, ordinò che le venissero rasati i capelli e venisse trascinata ignuda per tutta la città.

Il giorno seguente ricorreva la festa di Apollo; Dione, dopo aver fatto addobbare il tempio, organizzò una grande cerimonia in onore del dio e volle che anche Cristina compisse un sacrificio in suo onore. Incuriosita dalla vicenda, una grande folla si recò al tempio, quand’ecco che all’arrivo di Cristina, dal simulacro del dio Apollo uscì un demonio, il quale gettò il simulacro in terra e lo ruppe, una scheggia colpì sulla fronte Dione che cadde in terra esanime. Tremila spettatori si convertirono e si misero ad urlare a gran voce: “Viva il Dio di Cristina, l’unico e vero Dio, onnipotente, terribile.

La notizia dei fatti accaduti giunse al senato di Roma, il quale, seriamente preoccupato per la vicenda, inviò a Bolsena Giuliano, un uomo ancora più crudele e spietato. Quest’ultimo, dopo aver letto attentamente tutti gli atti del processo, interrogò personalmente Cristina. Anche questa volta la fanciulla difese con decisione la fede da lei abbracciata. Giuliano diede allora ordine ai suoi soldati che fosse lanciata con tutte le catene in una fornace ardente e lasciata morire all’interno. L’infame ordine fu immediatamente eseguito.

Cristina trionfa dei suoi nemici e vola in cielo

Trascorsi tre giorni, i soldati andarono ad aprire la fornace, seguiti da un gran seguito di folla incuriosita, ma, con grande stupore, anziché trovare il corpo arso dalle fiamme, trovarono la fanciulla sana e salva che lodava Dio. Giuliano, persosi d’animo, la fece denudare e la consegnò nelle mani di uno spietato carnefice perché la sconfiggesse. Il carnefice le lanciò addosso due serpenti, ma essi, senza nuocerle, le si avvolsero attorno ai piedi; le lanciò quindi due aspidi sul petto, ma essi si misero a strisciare attorno alle sue mammelle come se volessero asciugarle il sudore; infine, le lanciò addosso due terribili vipere, ma esse le si attorcigliarono delicatamente al collo come una preziosa collana. Giuliano, pieno di vergogna, rimproverò il carnefice per l’incapacità dimostrata. Quest’ultimo si mise allora a stuzzicare le bestie, le quali, inferocite, si gettarono addosso a lui e lo uccisero. Cristina, però, avvicinatasi al cadavere del carnefice, pregò il Signore che le ridesse la vita ed a quelle parole il carnefice si rialzò. Alla vista di ciò tutti i presenti si convertirono. Giuliano, intanto non potendo più sopportare che Cristina invocasse Dio, le fece tagliare la lingua, ma anche con la lingua mozza la fanciulla continuava a parlare e a lodare Dio. Fu allora fatta condurre nell’anfiteatro e fatta legare ad un palo per essere uccisa a frecciate.

Ora che la fanciulla aveva vinto tante battaglie e aveva condotto alla conversione tanta gente, il Signore, ritenne che fosse giunto il momento di glorificarla; così una freccia, segno dell’amore di Dio per lei, le trapassò il cuore, e la sua vita si spense. Era il 24 Luglio dell’anno di Cristo 290. Il suo corpo fu lasciato nell’anfiteatro per essere dato in pasto alle belve. Protasio e Massimina, però, che fino ad allora erano riusciti a rimanere nascosti, saputo della morte di Cristina, si recarono all’anfiteatro e raccolsero i resti mortali della Santa per darle degna sepoltura nelle catacombe, accanto ai grandi martiri dell’amore di Cristo.

Urna con le reliquie della Santa

giovedì 24 luglio 2008

S. Cristina (vita della Santa-Parte II)

Riprendiamo il racconto della vita di S. Cristina iniziato ieri.

Cristina, forte dell’eucaristia, sostiene la disputa con suo padre

Rimasta sola nella sua stanza, Cristina si mise a pregare Iddio con tutto il suo cuore, affinché le desse la forza di manifestare la sua fede dinnanzi a tutti, incominciando da suo padre. Quando fu notte fonda, Protasio giunse alla torre e bussò leggermente alla porta. Massimina, che era in attesa del suo arrivo, gli aprì subito ed insieme salirono cautamente le scale per recarsi da Cristina. Non ebbero neppure bisogno di bussare, poiché Cristina, che era dietro la porta ad origliare, gli andò subito incontro piena di gioia. Protasio mostrò a Cristina il vaso con il santissimo sacramento e la invitò ad adorarlo. Cristina s’inginocchiò a mani giunte e Protasio, dopo averla istruita sul significato di ciò che stava per ricevere, la comunicò a Cristo; quindi, dopo averle impartito la santa benedizione, la salutò ed andò via con Massimina. Rimasta sola, Cristina, pianse di commozione.

Il pomeriggio seguente, Urbano giunse alla torre e si recò dalla figlia che lo salutò con grande garbo. Il padre la carezzò; poi, notando nei suoi occhi un grande turbamento, le chiese se per caso fosse pentita della sua scelta e volesse sposarsi con qualche nobile giovane. Cristina rispose con fermezza di non volersi né sposare, né continuare ad essere vestale. Il padre, allora, incominciando a perdere la calma, le chiese: “Qual è la causa di tutto ciò? Forse non hai più a cuore i nostri cari numi? Hai forse trasgredito il mio ordine di adorarli giorno e notte?” Cristina confessò allora di aver rinunciato ad adorare gli dei romani, poiché essi non erano altro che statue di pietra: il vero Dio era un altro. A quelle parole, il padre divenne livido di rabbia e, urlando come un ossesso, rimproverò aspramente la fanciulla. Era quasi sul punto di percuoterla, ma poi prevalse in lui l’amore di padre, così, passato il momento di collera, pensò ai provvedimenti da prendere per far cambiare idea alla figlia e salvare il suo onore.

Cristina ribadisce con fierezza la sua fede

Contrariato per la triste scoperta, Urbano chiamò al suo cospetto entrambe le vestali alle quali aveva ordinato di vigilare sulla figlia. Si presentò solamente Clelia, Massimina, infatti, fiutato l’imminente pericolo, aveva lasciato la torre ed era fuggita a nascondersi. Il suo tradimento e la sua responsabilità nella vicenda parvero ormai lampanti! Urbano ordinò subito alle sue guardie di cercarla e di trarla in arresto.

Al fine poi di correggere la figlia, Urbano scelse dodici ancelle fidate da accostare a Clelia, fra cui Adelasia di cui nutriva grande stima. Radunatele assieme le spiegò l’accaduto e le ammonì affinché vigilassero attentamente su Cristina e facessero di tutto per risvegliare in lei l’amore per gli dei romani. Intanto Cristina se ne stava afflitta nella sua cella pensando al suo avvenire e temendo per la sorte di Massimina, condannata a morte sicura.

L’arrivo delle nuove ancelle alla torre fu per Cristina l’inizio di una vera tortura morale, esse, infatti, la sorvegliavano costantemente e la obbligavano a compiere sacrifici in onore degli dei. Adelasia, poi, la stuzzicava di continuo affermando che Gesù era una pura favola e un’invenzione dei poeti. Un giorno, Cristina non riuscendo più a sopportare le lodi verso i falsi dei e le offese verso Gesù Cristo, ribatté con forza le loro le loro affermazioni e dopo aver messo in risalto la grande verità del messaggio cristiano, passò a criticare la loro religione dicendo: “ I vostri numi li conosco bene, essendomi dedicata al loro studio sin dalla mia infanzia. Il vostro Giove altro non fu che un grande furfante e donnaiolo, tanto che per i suoi reati fu scacciato dal cielo da un Titano. Suo figlio Apollo non fu meno cattivo di lui; anch’egli fu cacciato dal cielo ed insieme a Nettuno si mise a fabbricar mattoni.”. Le ancelle, fortemente offese da quelle parole, decisero di vendicarsi di lei, così Adelasia si recò quel giorno stesso dal padre per accusarla.

Cristina incomincia a subire l’ira del padre

Saputo l’accaduto, Urbano si recò per la seconda volta alla torre a parlare con la figlia. Rivolgendosi inizialmente a lei con tono pacato le chiese come mai, tradendo la sua fiducia, avesse osato disprezzare i loro adorabili numi e avesse preso le difese di quel perfido galileo crocifisso che teneva in agitazione tutto l’impero. La fanciulla con fierezza rispose : “Il galileo crocifisso è il Dio fatto uomo, non esiste altro Dio al di fuori di lui!”. Poi aggiunse : “Anch’io son cristiana, il mio nome ora è Cristina che vuol dire appartenente a Cristo!”. A queste parole, Urbano perse il lume della ragione e diede un sonoro schiaffo sulle amabili gote della fanciulla. Deciso a ristabilire le regole, organizzò per il giorno seguente un sacrificio in onore di Giove a cui avrebbe dovuto partecipare anche la figlia, poi, dopo averla minacciata se ne tornò a casa. Rimasta sola Cristina fu presa da grande sgomento, ma poi, animata dalla fede, prese gli idoli d’oro che il giorno dopo avrebbe dovuto adorare e li ridusse in frantumi.

Il giorno seguente, il padre giunse puntualmente alla torre per compiere il sacrificio. Quando si accorse di quello che Cristina aveva fatto fu preso da un’irrefrenabile furia e, maledicendola, incominciò a sferrargli schiaffi, calci e pugni. Non ancora pago di ciò, chiamò i littori e diede loro ordine di fustigarla. Invano le guardie, impietosite, tentarono di convincere il padre a sospendere quella carneficina. Cristina restava muta, ma in cuor suo pregava Gesù. Intanto il tenero corpo continuava a non presentare ombra di livido; alla fine i dodici littori, presi dalla stanchezza dovettero arrendersi. Cristina, allora, rivolgendosi al padre gli disse: “Tu mi hai ripudiata, decidendo di non essermi più padre ma tiranno, ma ti basterebbero questi segni per capire l’impotenza dei tuoi dei e la grandezza del mio Dio”. Urbano, sempre più confuso, chiamò le guardie e ordinò che le venisse stretta al collo la collana dei condannati e fosse tenuta in carcere nel più totale digiuno.

Continua il martirio di Cristina

Passarono i giorni e Cristina continuava a stare in prigione senza né cibo né acqua. Il Signore però non l’abbandonò e le inviò un Angelo con del pane divino, dal quale trasse la forza per continuare a vivere. Prima d’andar via, però, l’Angelo le predisse che avrebbe dovuto patire sofferenze ancor più gravi.

Dopo pochi giorni, il padre, visto che Cristina perseverava nella sua fede in Cristo, pensò di sbarazzarsene e fece allestire il pretorio per giustiziarla. Quando però i soldati la trasportarono con forza davanti al suo cospetto, si risvegliò in lui l’affetto di padre e volle darle un’ultima possibilità. Le disse allora: “ Falla finita figlia mia! Deciditi a rinnegare Gesù… placa l’ira dei nostri dei offrendogli un sacrificio ed avrai salva la vita e il mio amore di padre!” Queste parole suonarono a Cristina come un insulto ed ella rispose prontamente di non temere né la sua ira, né quella dei suoi dei, ma di essere pronta al sacrificio. Bastò questo per riaccendere la collera del padre che ordinò ancora una volta di fustigarla. Stavolta le tenere carni si lacerarono e caddero in brandelli, ma ella, senza scoraggiarsi, continuava ad accusare il padre della sua viltà e a ringraziare Dio che la rendeva forte nella prova. Il padre, che non era il tipo da sopportare tali provocazioni, ordinò che venisse immediatamente giustiziata con l’esecuzione riservata ai cristiani. Cristina venne legata ad una ruota girevole irta di punte, sotto di lei venne preparato un rogo fatto di legna cosparsa d’olio e fu prontamente appiccato il fuoco. Cristina, allora implorò il signore che la salvasse dalla morte e dimostrasse a tutti la sua grandezza. La sua preghiera fu esaudita: le fiamme allontanandosi dal suo corpo innocente, si riversarono verso i carnefici e li divorarono; la ruota si spezzò e Cristina poté rizzarsi in piedi con il sorriso sulle labbra, anche se duramente provata nel corpo. Sconcertato dal prodigioso evento, il padre ordinò che venisse legata e sbattuta nuovamente in carcere.

A domani per la conclusione della staria

mercoledì 23 luglio 2008

S. Cristina (vita della Santa)

(S. Cristina-statua del De Lucrezis che oggi verrà, come ogni anno, portata in processione a Gallipoli)

Oggi, domani e dopodomani (24-26 Luglio) si festeggia a Gallipoli, la festa di S. Cristina, nostra compatrona assieme a S. Agata e S. Sebastiano, con lo speciale titolo di protettrice dalle pestilenze, per averci salvato dal colera del 1867. La festa come ogni anno si svolge con luminarie ed un programma sia religioso che civile.

Lo scorso anno feci, in questo blog una sintesi della vita della santa e della devozione gallipolina, che potrete trovare ciccando a fine pagina sul link “Blog più vecchi” e cercando poi il post del 22 Luglio 2007. Potete fare molto prima ciccando sul link Usi e Costumidel post dello scorso 4 Lugio, intitolato “Madonna del Canneto: è la fine di una tradizione ?”, che troverete poco più giu’ rispetto a questo; fra i post di Usi e costumi, troverete facilmente quelo indicato.

Quest’anno, invece, per chi vuole approfondire, pubblicherò la storia della Santa in tre puntate.

Vita di Santa Cristina

Momento storico e virtù della fanciulla

Il vero nome della fanciulla ci è del tutto ignoto; il nome Cristina (che di certo deriva da Cristo) pare le sia stato imposto al momento del battesimo, ma vi è pure chi ritiene che lo abbia scelto di sua propria volontà su suggerimento del suo Angelo custode. Cristina nacque a Bolsena, la più grande delle dodici famose città etrusche, nel terzo secolo d. C., tempo in cui, sotto l’impero di Diocleziano, le persecuzioni dei romani nei confronti dei cristiani raggiunsero la loro massima ferocia. L’intransigente imperatore si era prefisso come principale obbiettivo il definitivo abbattimento del cristianesimo, affinché di tale movimento religioso non si ricordasse più neppure il nome. Egli si circondò ben presto di uomini crudeli aventi lo stesso intento, fra cui Galerio Massimino al quale diede in sposa la sua stessa figlia, anch’ella bramosa di sangue cristiano. Forse, non tutti sanno che Cristina era nientemeno che la figlia del prefetto Urbano, amico fidato di Diocleziano, inviato a Bolsena da quest’ultimo con l’ordine perentorio di sterminare tutti i seguaci del Nazareno. Era dunque questi un accanito persecutore dei cristiani!

Cristina era una fanciulla bella e intelligente, di animo semplice e allegro, rispettosa verso i genitori e attratta dalla cultura e da ogni forma di conoscenza. Fu educata alla religione pagana e a soli dodici anni seguì con grande profitto gli studi letterari, filosofici e teologici, distinguendosi fra tutte le sue compagne. I suoi genitori la idolatravano e avevano riposto in lei tante proprie aspirazioni mondane; ma erano ben altri i fini per i quali il Signore aveva concesso a Cristina tanta virtù.

Cristina diventa vestale

Non è facile stabilire se l’amore del padre per Cristina fosse davvero sincero, ciò che è certo è che era geloso della fanciulla più che della sua stessa moglie. Per questa ragione e forse anche per attirare su di sé i benefici degli dei, decise di preservarla dagli sguardi altrui facendola divenire vestale e facendola alloggiare nella parte superiore di una bella ed altissima torre. Quando egli comunicò le sue intenzioni alla figlia, quest’ultima le accolse con grande letizia e ringraziò il padre di vero cuore, poiché era stata sempre sua intenzione rimanere vergine e vivere una vita di meditazione, lontano dal continuo andirivieni del suo palazzo. Potete immaginare la gioia del padre nell’apprendere che le idee della figlia collimavano con i suoi progetti; la fece subito alloggiare nella torre e le scelse due ancelle, Clelia e Massimina, con il compito di servirla e di vigilare su di lei.

Cristina, con l’animo ricolmo di gioia, andò così ad abitare nella nuova dimora, posta quasi sulle rive del famoso lago che dà il nome alla città. Per lei incominciava una vita di preghiera e di adorazione verso gli dei romani, con il primario dovere di alimentare il fuoco in onore della dea Vesta. Dopo la gioia dei primi giorni, la fanciulla incominciò però ad avvertire un vuoto interiore, come se le mancasse qualcosa; con animo sempre più inquieto continuava a chiedersi chi fosse il vero artefice di quel meraviglioso spettacolo che dalla finestra dell’imponente torre si mostrava ai suoi occhi: le lussureggianti colline, le verdi praterie, il suggestivo firmamento notturno. Come potevano gli inanimati idoli di pietra che suo padre le aveva insegnato ad adorare aver potuto tanto? Le sue ancelle l’avevano udita più volte sospirare nel chiuso della sua stanza e credevano che soffrisse di solitudine. Massimina, però, che le era più amica, continuava a porgere l’orecchio davanti alla porta della fanciulla cercando di carpire qualche suo sfogo.

Conversione e Battesimo

Un giorno Massimina, mentre sostava davanti alla porta di Cristina, intese la fanciulla pronunciare queste parole: “il mio Dio dov’è?”. Dovete ora sapere che Massimina era segretamente cristiana. Resasi conto che l’occasione era propizia, entrò nella camera e avvicinatasi a Cristina le chiese garbatamente quale fosse il motivo della sua angoscia. La fanciulla, credendo che la sua ancella fosse devota agli dei pagani, rispose: “non so se mi convenga confidarti i miei dubbi… forse anche tu sei nella mia stessa situazione… forse siamo entrambe infelici!" Massimina rispose prontamente: “chi confida in Dio non è mai infelice!” Sulle prime Cristina pensava che Massimina parlasse di Giove, Marte o un altro degli dei pagani, ma l’ancella, incurante del rischio a cui si esponeva, rivelò a Cristina la sua vera fede; le parlò del Dio onnipotente, unico creatore di tutte le cose, le parlò di Gesù e della gioia che anima i cristiani. Nelle parole dell’ancella, Cristina trovò la risposta agli interrogativi che l’assillavano e sentì il suo cuore riaprirsi alla speranza, quindi con gli occhi pieni di felicità, manifestò l’intenzione di divenire una seguace di Cristo e di ricevere al più presto il battesimo. Massimina, ammonì Cristina sul grave rischio che tutto ciò comportava, ma le promise che le avrebbe al più presto inviato Protasio, il sacerdote che l’aveva a suo tempo convertita e battezzata.

Così una notte, mentre Clelia dormiva, Massimina uscì e andò a chiamare Protasio con cui si era accordata il mattino precedente. I due si recarono di nascosto alla torre e, senza far rumore, andarono a destare Cristina. Alla vista del sacerdote, la fanciulla fu piena di gioia e, buttatasi giù dal letto, le corse subito incontro. Quella stessa notte Protasio istruì Cristina sui misteri del cristianesimo; poi, presa dell’acqua le amministrò il battesimo. Infine, sempre di nascosto abbandonò la torre, lasciando la fanciulla felice e raggiante come mai lo era stata.

Si sospetta la conversione di Cristina

Rigenerata a vita nuova dal battesimo ricevuto, Cristina, con animo sereno, incominciò il suo cammino di preghiera e di meditazione su Gesù. Ella non sospettava lontanamente quanto stava per accaderle, né se ne sarebbe curata, visto che il suo amore per Cristo era l’unica cosa che ora le interessava.

Il suo primo pericolo era costituito da Clelia; questa, infatti, era una donna scaltra e molto devota agli dei pagani e non tardò a notare lo strano atteggiamento della vestale. Passando per caso davanti alla porta della sua stanza, le aveva spesso sentito pronunciare insolite parole, come croce e crocifisso; inoltre non l’aveva mai sentita pregare o nominare i suoi dei, anzi sembrava volerne evitare il discorso. Per tirarsi fuori da ogni responsabilità, ella pensò bene di riferire ogni cosa a Urbano. Quest’ultimo, però non credé a quanto gli era stato riferito e decise che il giorno dopo si sarebbe recato personalmente alla torre. Clelia, intanto, raccontò tutto a Massimina, la quale, facendo finta di nulla, cercò di convincerla che si sbagliava di grosso. Subito dopo, però, si recò tremando da Cristina e, con le lacrime agli occhi, la informò dei sospetti di Clelia e del suo colloquio col padre. La fede di Cristina era però ormai così ben radicata che le parole dell’ancella non poterono inquietarla più di tanto, era infatti decisa a fare in tutto la volontà di Dio. Una sola cosa chiese a Massimina, di continuare ad istruirla sui principi del cristianesimo per esser fatta degna di ricevere l’eucaristia quella stessa notte, poiché il corpo ed il sangue di Cristo dovevano darle la forza per affrontare l’incontro con suo padre ed anche perché dopo tale incontro non sapeva se le sarebbe rimasto altro tempo. Massimina si trattenne diverse ore per fare della catechesi alla fanciulla, poi le promise che sarebbe tornata da Protasio per convincerlo a recarsi nottetempo alla torre, come aveva fatto la prima volta.

A domani per il proseguimento della storia

Giochi sotto l'ombrellone: Regalo di compleanno

Ecco a voi il primo test dell’estate. In questo mondo di ladri, tanto per cambiare si parla di ladri.
In un paese tutti gli abitanti sono ladri. Non si può camminare per strada con degli oggetti, senza che vengano rubati e l'unico modo per spedire qualcosa senza che venga rubato dai postini è di rinchiuderlo in una cassaforte chiusa con un lucchetto. Ovunque l'unica cosa che non viene rubata è una cassaforte chiusa con un lucchetto, mentre sia le casseforti aperte, sia i lucchetti vengono rubati. Alla nascita ogni abitante riceve una cassaforte ed un lucchetto di cui possiede l'unica copia della chiave. Ogni cassaforte può essere chiusa anche con più lucchetti ma la chiave non è cedibile e non può essere portata fuori dalla casa del proprietario, perché verrebbe rubata durante il trasporto. Non si può in alcun modo fare una copia delle chiavi. Come può un abitante di questo paese spedire il regalo di compleanno ad un proprio amico?
Frafbi è appena rientrato dalla vacanza, sarà già qui davanti al computer pronto a rispondere? E’ questo il test nel test!
Buon divertimento e buone vacanze!!!

martedì 15 luglio 2008

L'estate si stabilizza

Dopo i temporali, al Nord è arrivata l’aria fresca, mentre al sud, lo scirocco caldo-umido ha lasiato il posto al vento di maestrale, più fresco e più secco. In realtà, in queste ore il tempo si sta stabilizzando per l’arrivo dell’anticiclone delle Azzorre.

Nei giorni scorsi, un’area depressionaria ha arrecato piogge e temporali al nord, mentre il sud, dove la pressione era un po’ più alta, se l’è cavata quasi esclusivamente con venti sciroccali e mare mosso. Nelle ultime 24 ore, la pressione sul mediterraneo è sensibilmente aumentata, con conseguente miglioramento del tempo al Nord e cambiamento dei venti al sud.

Tutto questo significa che nei prossimi giorni avremo, un po’ ovunque, bel tempo e caldo. Niente illusioni dunque per i gli abitanti del sud: si va verso il caldo, non verso la rinfrescata!

venerdì 4 luglio 2008

Festa del Canneto: è la fine di una tradizione?

Quest’anno, a Gallipoli niente festeggiamenti in onore della Madonna del canneto (ricorrenza del 2 Luglio), solo la Messa solenne di Mercoledì scorso. Per il resto nient’altro: niente luminarie, niente fuochi d’artificio, niente banda e neppure processione. A salvare un po’ la situazione sono stati i mercanti che hanno piazzato, come ogni anno, le loro bancarelle, nel piazzale antistante il santuario; grazie a loro è sembrata festa e la gente ha fatto visita alla Madonna sino a tarda ora.

Per chi non avesse letto i miei articoli dello scorso anno, la festa di Maria Ss. Del Canneto è una festa locale che ha come fulcro l’omonimo santuario, costruito intorno al XIV secolo, al posto di una palude, grazie al ritrovamento, proprio in quel luogo, di un dipinto della vergine, nascosto fra le canne. Il telo è tuttora esposto in chiesa, nella navata centrale, al di sopra dell’altare (v, foto) e di esso vi è anche una copia, dipinta su legno, al centro della volta.

Per antica tradizione, la Madonna del Canneto è associata alla festa della Visitazione ed infatti, sempre nella navata centrale, vi è una nicchia che ospita un simulacro in cartapesta della Madonna in visita a S. Elisabetta (foto in basso).

La Madonna del Canneto è perciò sempre stata festeggiata il 2 Luglio, data in cui in passato si festeggiava la festa della Visitazione. Papa Paolo VI spostò quest’ultima festa al 31 Maggio, ma a Gallipoli, su autorizzazione episcopale, si è continuato a festeggiarla il 2 Luglio, sempre sotto il nome di Madonna del Canneto. Come scrissi lo scorso anno, c’è però una novità. L’attuale rettore del santuario, Don Antonio Pisanello, a partire dal 2006, ha pensato di festeggiare solennemente entrambe le ricorrenze ma con qualche diversità: il 31 Maggio la festa è solo religiosa ed il simulacro della Visitazione viene portato in processione per le vie della città, mentre il 2 Luglio la festa è anche folcloristica e prevede la processione in mare, come da tradizione, sempre con il simulacro della Visitazione. Questo quanto affermato sino allo scorso anno.

Quest’anno, però, il rettore si è spinto oltre, facendo intuire di voler scindere del tutto le due festività (Madonna della Visitazione e Madonna del Canneto), infatti fra le varie cause della mancata processione (che non starò qui a riferire) ha anche addotto quella della già avvenuta processione il 31 Maggio scorso ed ha affermato che, se nei prossimi anni vi dovrà essere una processione del 2 Luglio, essa dovrà avere come oggetto il quadro ritrovato fra le canne. A distanza, di secoli, dunque, festa della Visitazione e festa del Canneto verrebbero scisse del tutto: la prima cadrebbe il 31 Maggio (com’è dappertutto) e la seconda cadrebbe, a livello locale, il 2 Luglio. E’ giusto tutto ciò?

Per rispondere a questa domanda, occorre prima porsene un’altra: “ Perché per secoli la Madonna del Canneto e la relativa festività è stata associata a quella della Visitazione?”. E’ la domanda che pose parecchi anni fa un nostro vescovo quando venne a celebrare, al santuario, la solennità di Maria Ss. del Canneto (e anche festa della Visitazione). La risposta mancò allora e manca tuttora. A me sono note due interpretazioni che ora di seguito enuncerò.

La prima spiegazione è quella fornita da taluni gallipolini, secondo cui fu il volto mite e generoso raffigurato sul telo a suggerire ai pescatori che si trattasse di quello di Maria, in viaggio verso la cugina Elisabetta.

La seconda spiegazione è quella fornita da un sito internet della “Pro loco di Gallipooli” la quale stravolge l’ipotesi comunemente accettata dell’origine del santuario. Secondo quanto contenuto nell’articolo, la chiesa sarebbe preesistente rispetto alla data del ritrovamento del telo ed era originariamente denominata “Chiesa della Visitazione”. Il dipinto fu rinvenuto, da alcuni pescatori, nel canneto situato nelle immediate vicinanze della chiesa, in mezzo a un fuoco che, miracolosamente, non bruciava nulla. Fu così portato nella vicina chiesa che, da allora, cambiò la sua denominazione in “Maria Ss. Del Canneto”. Da qui l’associazione fra i due volti mariani.

Ritrovamento del telo (Santuario del canneto - navata destra)

Dunque, tutto ancora da definire. Prima di modificare una tradizione secolare, ritengo sia necessario approfondire lo studio: abbiamo giusto un anno di tempo per le nostre ricerche. Chissà che l’idea di Don Antonio non serva a fare luce su un mistero da secoli irrisolto!