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sabato 8 marzo 2008

Centenario della festa della donna: ecco la mia idea di parità!

Ricorre oggi il centenario dell’istituzione della festa della donna, anche se, almeno in Italia, essa si è diffusa solo negli ultimi 20 anni: prima l’ otto Marzo era un giorno come gli altri. L’origine della festa è ormai noto a tutti: risale all’8 Marzo del 1908.

Da diversi giorni le operaie di un’industria tessile di New York erano in sciopero per protestare contro le disumane condizioni lavorative a cui erano sottoposte. L’otto Marzo, i proprietari dell’impresa bloccarono l’uscita della fabbrica e fermarono le operaie all’interno. Scoppiò un incendio che uccise 129 di loro, fra cui molte immigrate, alcune provenienti dall’Italia. Fu per questo che, il movimento di liberazione della donna, sorto appunto per liberare la donna dalle ingiustizie e dai soprusi, scelse questa data per festeggiare la donna e le sue conquiste, ottenute spesso a caro prezzo. La scelta della Mimosa, di cui faccio idealmente omaggio alle visitatrici del mio blog, è avvenuta in Italia nel 1946. A livello mondiale, il fiore della donna è, invece, il Tulipano.

Da sempre, il problema della parità di diritti ha suscitato il mio interesse, così come ogni tema legato alla giustizia. La mia idea di parità è però alquanto diversa da quella invocata dai movimenti femministi, dai quali mi dissocio. I miei principali punti di dissenso sono i seguenti:

1°) Per me la parità deve riguardare i diritti, con la rimozione dei pregiudizi, delle ingiustizie e degli handicap, che impediscono o rendono difficile alla donna la sua affermazione nella società. Tutto questo non deve però indurre alla negazione della verità: è vero ciò che è vero e non ciò che a ognuno fa comodo! Se una singola donna (o la donna in generale) si dimostra particolarmente brava in un particolare settore, questo fatto dev’essere riconosciuto e lodato; ma se viceversa dimostra delle difficoltà e dei limiti, questo non può essere negato (naturalmente il discorso vale anche per gli uomini). Le femministe, invece, pur di affermare l’uguaglianza fra uomo e donna, arrivano a negare la realtà, come se dicessero: “Uomo e donna sono uguali, perché così vogliamo che siano, e tanto basta!”.

2°) Le femministe, rivendicando il diritto delle donne al lavoro, hanno continuamente svilito il valore e le difficoltà del lavoro domestico, umiliando così se stesse e offendendo chi legittimamente ha scelto quella vita. In questo caso son le donne a umiliare se stesse, non certo io e quelli come me, che hanno sempre ammirato il ruolo svolto egregiamente, in casa, dalla donna.

3°) Le esponenti dei movimenti femministi si sono spesso avventurate in puerili dimostrazioni di presunte uguaglianze fra uomo e donna, anche dal punto di vista anatomico e fisiologico (per es. con riferimento al sesso), esponendosi così al rischio di essere scientificamente contraddette. La dignità della donna va affermate a priori e non può essere subordinata alle caratteristiche fisiche e genetiche, che pure vanno prese in considerazione, in altra sede, per trarne le dovute conseguenze, sempre nel rispetto della verità.

4°) Parità di diritti non significa uguale personalità. Le donne hanno peculiari caratteristiche distintive rispetto agli uomini, delle quali dovrebbero andare fiere e alle quali non hanno motivo di rinunciare. Le differenze che la natura ci ha attribuito servono a garantire la complementarietà fra uomo e donna e sono alla base della reciproca attrazione fra i sessi.

5°) Molte donne, poi, vogliono la parità quando le fa comodo. Vogliono essere come gli uomini, ma non sanno rinunciare ai privilegi della cavalleria; invocano nuove leggi, ma, al tempo stesso, non rinunciano ai privilegi della figura femminile tradizionale.

6°) Infine, le femministe vorrebbero capovolgere la situazione, passando dallo stato d’inferiorità a quello di superiorità. Non si accontentano più di avere pari opportunità, vorrebbero essere aiutate a raggiungere più facilmente i loro traguardi. Si pensi ad es. alle “quote rosa” (alle quali io sono assolutamente contrario), proposte da taluni parlamentari, per garantire alle donne un minimo di seggi in parlamento. Ciò che conta è che la legge garantisca alle donne la stessa possibilità di mettersi in lista e di essere elette che viene data agli uomini. A questo punto devono essere le donne a fare il resto e devono essere gli elettori a decidere liberamente chi scegliere. Se si stabilissero delle quote rosa, si creerebbe una disparità di trattamento, visto che gli uomini non hanno alcun minimo garantito.

Per queste e per altre ragioni, mi considero favorevole alla parità di diritti, ma contrario al femminismo, che considero l’opposto del maschilismo e non la via di mezzo, giusta da seguire. La mia parità fra i sessi, vuol dire rispetto reciproco, stima, lealtà, giustizia, amore vicendevole e amore per la verità. Faccio i miei migliori Auguri a tutte le donne e, coerente con la mia idea di parità, auspico che in futuro nasca anche la “Festa dell’uomo”.

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