Che ora è...nel mondo?

mercoledì 31 marzo 2010

Un conto in sospeso con S. Giuseppe

Sono ancora in debito con voi della traduzione di un brano in dialetto, pubblicato il 19 marzo u.s. riguardante le antiche usanze della festa di S. Giuseppe.
Ora senti dire: festa del papà, festa della mamma, festa della donna, festa degli innamorati…, non sanno più cosa inventarsi! Alla fine si spendono un sacco di soldi e c'è chi ci specula. Un tempo, invece, c'erano soltanto feste di chiesa e i santi venivano onorati come si deve. San Giuseppe, ad esempio, non era ancora "festa del papà", ma era molto più importante di oggi. Quel giorno la gente non andava al lavoro e i ragazzi non andavano a scuola, tutti però dovevano andare in chiesa perchè era messa di precetto. In quel periodo le campane non potevano suonare perchè era quaresima; la mattina di S. Giuseppe udivi però un suono di campanelli e una voce che gridava così: "Piangete bambini che sono arrivati i campanellini!" . E i bambini piangevano per davvero se la madre o il padre non uscivano a comprare loro la campanella di creta o la "trozzula" (strumento tipico salentino atto a fare rumore) di legno, che vendevano per la via. Dopo un po', tutti i fanciulli uscivano di casa, taluni suonando la campanella, altri la "trozzula", non vi dico che scompiglio! Un intero paese in festa.
A mezzogiorno tutti a tavola per il pranzo di S. Giuseppe, s'iniziava con la pasta e ceci e si finiva con le zeppole (fortunatamente almeno questo dura ancora).
Il brano, per chi non l'avesse letto in precedenza è tratto dal calendario in vernacolo "Cantu te caddhuzzo", della "comunità del canneto" di Gallipoli.
A presto

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