Che ora è...nel mondo?

venerdì 18 aprile 2008

Che sguardo che uccide!!!

Il titolo vi avrà fatto pensare ad un altro enigma, invece non è così. Mi riferisco alla sentenza di ieri, con la quale un trentenne incensurato è stato condannato a 4 giorni di carcere e a 40 € di multa per un reato commesso circa tre anni fa: quello di aver guardato con troppa insistenza una donna di 55 anni, nello scompartimento di un treno diretto da Lecco a Sondrio. Fra di essi non c’era stato alcuno scambio di parole, solo un sguardo troppo insistente. Per di più l’indiziato, il giorno seguente al presunto reato era stato seguito da due agenti in borghese, in un altro suo viaggio, ma non era stato notato alcun atteggiamento condannabile. Al processo la donna non si è presentata e neppure è stato ascoltato alcun testimone. Secondo il giudice, però, anche uno sguardo troppo prolungato può costituire una molestia. La sentenza ha diviso le opinioni: per alcuni la sentenza è profondamente ingiusta, per altri è perfettamente corretta. Ora l’imputato (che non sconterà alcun giorno di carcere per via dell’indulto) ricorrerà in appello per avere la piena assoluzione; ecco intanto cosa ne penso io.

Dico subito che la sentenza mi ha molto sorpreso: essa sconvolge il luogo comune secondo cui “guardare non c’è niente di male” e “ognuno è libero di guardare dove vuole”. Ricordo la famosa frase, udita sin da piccolo, quando qualcuno lamentava di essere guardato: “Se ti accorgi che ti guardo vuol dire che anche tu mi guardi”. A parte la banalità di questi discorsi, la sensazione che mi ha dato questa sentenza è che ci sia una crescente tendenza alla privazione della libertà; fra par condicio, privacy, ecc., mi sembra che anziché concentrarsi sui veri reati, si perda tempo a cercare il male laddove non c’è. Capisco benissimo che, a volte, uno sguardo può far più male di mille parole, ma non si può condannarlo per legge. Le sentenze devono basarsi su atti concreti, dimostrabili. Come distinguere una molestia autentica dal frutto della suscettibilità o la gelosia di una persona? E qual è il confine fra uno sguardo lecito e un sguardo invadente? Non si entra forse in un campo troppo soggettivo? Per di più, lo sguardo può posarsi su qualcuno o su qualcosa in maniera quasi istintiva, anche senza che colui che lo lancia ne sia pienamente cosciente: come fare a condannarlo. Una sentenza di questo tipo crea un precedente che può creare ingiustizie, anzichè fare giustizia. Ritengo perciò che sia meglio tornare alle regole del buon senso e far sì che, in casi come questi, gli interessati si chiariscano bonariamente fra di loro, invece di chiamare in causa inutilmente i giudici.

Questo post inaugura un nuovo periodo del nostro blog, nel senso che d'ora in poi, non m'interesserò solo degli eventi principali, ma esprimerò di tanto in tanto dei pareri anche su notizie spicciole.

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