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domenica 22 luglio 2007

S.Cristina compatrona di Gallipoli

Come ogni anno, a Gallipoli, inizia domani la festa di S. Cristina, una festa alla quale i gallipolini non sanno o forse non posono rinunciare, anche se, in anni di crisi comunale come questo, presenta un programma più scarno. L'origine della festa risale al 1867, quando la Santa, avendo salvato la nostra città da una grande epidemia di colera, assunse il titolo di compatrona di Gallipoli, venendo accostata ai nostri due santi protettori: S. Sebastiano e S.Agata. La devozione dei gallipolini per S.Cristina è però molto più antica, tanto che esisteva (ed esiste tuttora) una cappella a lei dedicata che risale probabilmente al XIV secolo, situata sulla banchina prospiciente piazza Canneto (oggi piazza Aldo moro). Vediamo di riassumere l'origine del culto.
Santa Cristina è una martire cristiana, nata a Bolsena al tempo di Diocleziano. Suo padre Urbano, prefetto romano acerrimo persucutore dei cristiani, la educò alla religione pagana, tanto che secondo certe fonti divenne inizialmente vestale. Ad ispirare la sua conversione fu Massimina, una delle sue educatrici e secondo taluni sua ancella, la quale le insegnò di nascosto la dottrina cristiana. La fanciulla se ne convinse al punto tale da essere pronta a sopportare e a sfidare tutto e tutti per amore del Signore. Per questa sua scelta dovette subire le ire e gli atroci castighi del padre prima e dei suoi successori poi; scampata più volte alla morte in modo prodigioso, fu infine uccisa a frecciate nell'anfiteatro romano, in esecuzione della condanna inflitta dal prefetto Giuliano. La sua fama e la sua devozione si diffusero ben presto nel mondo cattolico. Il culto da parte dei gallipolini incominciò proprio in occasione di una pestilenza che colpì l'Italia intera. Si narra che, in tale circostanza Suor Pirelli (una claustrale dell'ordine delle clarisse) ebbe una visione: una fanciulla vestita di bianco, con una corona di rose in testa, colpiva un cane a bastonate e lo faceva annegare nelle acque del mare. In punto di morte, la suora, già in odore di santità, svelò il senso della visione: la fanciulla era S. Cristina che affondava il cane, ossia la pestilenza, nel mare di Gallipoli. La profezia si avverò, infatti la pestilenza raggiunse i paesi limitrofi ma lasciò indenne Gallipoli. Poco tempo dopo la signora De Tommasi, che abitava a Gallipoli nelle vicinanze del luogo in cui poi fu costruita la cappella, fu protagonista di un evento prodigioso. Tutte le mattine vedeva una fanciulla simile a quella descritta da suor Pirelli seduta vicino al mare, che sorridendo osservava il paese. Un bel giorno la fanciulla rivelò alla signora di essere Cristina da Bolsena e chiese che fosse edificata in quel posto una cappella in suo onore. Detto questo scomparve e d'allora non si vide più. Fu così che nacque la cappella di S. Cristina. In seguito però la cappella fu sconsacrata e per lunghi anni (forse secoli) fu adibita ad altri usi: deposito di alici, ricovero dei pescatori, ecc. Il culto di S. Cristina andò però avanti nella vicinissima chiesa del Canneto. Giungiamo così al miracolo! Nel 1866 scoppiò una grave epidemia di colera e stavolta Gallipoli fu fra i comuni più colpiti, molti dei suoi abitanti si spostarono nella vicina Alezio, rimasta ancora incontaminata. Poco dopo però il morbo si fece sentire anche lì, tanto che i gallipolini preferirono tornare alle proprie case. Mons. La scala, vescovo di Gallipoli, organizzò delle veglie di pregniera per invocare le intercessioni dei santi patroni: S. Agata e S. Sebastiano e in Cattedrale furono esposte le loro statue; ma il morbo non cessò. Vennero allora esposte, in adorazione, le ossa di S. Fausto, ma l'epidemia continuò a mietere vittime. Finchè un giorno giunse dal vescovo Don Serafino Consiglio, un sacerdote gallipolino rettore della chiesa della Purità, il quale disse: "Eccellenza, se si vuole che l'epidemia cessi, dobbiamo rivolgerci a S. Cristina!". E così dicendo raccontò la storia delle visioni che vi ho appena descritto. Il vescovo rimase tanto impressionato dal raccnto che espose immediatamente in Cattedrale un quadro di Santa Cristina ed organizzò delle suppliche in suo onore. Da quel giorno in poi, il colera cessò e non ci fu più alcuna vittima fra i gallipolini. Si decise allora di organizzare un triduo di ringraziamento in onore della Santa di Bolsena e si scelse come luogo proprio l'omonima cappella che, in quell'occasione, venne definitivamente riconsacrata e rapidamente allestita per permettervi lo svolgimento della messa. Successivamente la confreternita della Purità presentò ai fedeli una statua del De Lucrezis: S. Cristina con una cagnetta accanto, simbolo della pestilenza. E' la statua che tuttora viene portata in processione per terra e per mare.

S. Cristina divenne compatrona di Gallipoli, con lo speciale titolo di nostra protettrice contro le pestilenze e a partire dall'anno seguente incominciò ad essere festeggiata ogni 24 Luglio con gran solennità. Da allora in poi la pestilenza non colpì più la nostra città, neppure nel 1886 quando vennero colpiti tutti i paesi del circondario. Fin qui la storia! Intorno alla statua del De Lucrezis è però sorta anche una leggenda secondo cui la pestilenza si scatenerebbe ogni qualvolta la cagnetta, riuscendo a sfuggire al controllo della Santa, si allontana dal piedistallo e va in giro a diffondere il morbo, e cesserebbe quando la cagnetta torna al suo posto. Ancora oggi alcune persone anziane, guardando la statua esclamano: "Mai sia ci 'nde scappa lu cane!", ossia: "Guai se le sfugge il cane!".

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