Aggiorniamo prima la situazione della camera. I dati restano molto diversi a seconda degli istituti di statistica, sebbene tutti concordino sul vantaggio del “Popolo della libertà” rispetto al “Partito Democratico”; si va da valori inferiori a 5 punti sino a quasi 9 punti, con il PD che ha rimontato qualcosa. L’istituto di cui si fida Berlusconi, che è quello che la volta scorsa aveva previsto la parità (che poi si è realizzata), indica un vantaggio del centro- destra di 8,6, punti, mentre un altro istituto di statistica, come una voce fuori dal coro, indica una discrepanza fra le due coalizioni di appena un punto e mezzo. Il valore medio è di circa 6,5 punti a favore di Berlusconi.
Dando per scontata la vittoria di Berlusconi alla camera, c’è da superare lo scoglio del senato, che è quello che ha creato i problemi al centro-sinistra nel corso della passata legislatura. La differenza rispetto alla camera consiste nel fatto che, al senato il premio di maggioranza è assegnato singolarmente al vincitore di ciascuna regione, per cui una leggera vittoria a livello nazionale di una coalizione, non necessariamente si traduce in un’ampia maggioranza della coalizione stessa. Per il senato non si è potuta adottare la stessa legge della camera, perché come rilevato dall’allora presidente Ciampi, sarebbe stata incostituzionale, poiché l’elezione dei senatori deve avvenire su base regionale. Secondo le ultime statistiche il Popolo della libertà avrebbe la maggioranza anche a Palazzo Madama, con 167 senatori su 315; 137 andrebbero al Partito democratico, 7 alla Sinistra l’arcobaleno e 4 all’UDC. Se le cose andassero così Berlusconi avrebbe una discreta maggioranza, anche con il voto contrario di alcuni o tutti i senatori a vita, avrebbe infatti nove senatori in più rispetto alla maggioranza richiesta. In realtà non è affatto detto che le cose vadano così, ci sono almeno 5 regioni (assegnate dai sondaggi a Berlusconi) in cui la vittoria del centro-destra non è del tutto scontata. In ordine d’importanza sono: Lazio, Liguria, Abruzzo, Marche e Sardegna. La sconfitta anche in una sola di queste regioni potrebbe quindi modificare la situazione. In bilico per il centro-sinistra (assegnatale dai sondaggi) c’è invece
Intanto i partiti e i candidati premier sono spuntati come i funghi, basti pensare che vi sono in competizione 4 partiti d’ispirazione comunista. Vi sono anche curiosi partiti che prendono in considerazione temi specifici, come la difesa dei consumatori e la difesa dei diritti degli andicappati: temi importanti ma che dovrebbero far pare di un programma più ampio. Il più strano di tutti, anche nel nome, è il Partito dei grilli parlanti, il quale dice d’ispirarsi a Collodi, ma probabilmente mira a sfruttare la popolarità di Beppe Grillo. Questo partito promette addirittura la corresponsione di una quota fissa da parte dello stato a tutti i cittadini, per garantire lo stretto necessario per sopravvivere anche a chi non lavora. L’idea è assurda se si pensa che il denaro è solo una merce di scambio: la vera ricchezza sono i beni prodotti. Lo stato non può quindi possedere più di quello che è stato prodotto e distribuirlo in sovrappiù a tutti, anche a chi non lavora. Magari il partito s’ispirasse davvero alla saggezza del Grillo Parlante, il quale rimprovera Pinocchio di stare nell’ozio e lo incita a studiare e a lavorare per procurarsi di che sopravvivere. La verità è che tutti i partiti s’ispirano piuttosto a Pinocchio, il vero simbolo dovrebbe essere quello che vedete in basso. Presenta però un inconveniente: il naso lungo sporgerebbe dal cerchio e invaderebbe la scheda elettorale; forse è per questo che nessuno lo adotta!
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